Rockol30

Massive Attack: non chiamatelo concerto

La musica suonata è solo una componente biologica di un ecosistema complesso: lo show, a Torino
Massive Attack: non chiamatelo concerto

I Massive Attack chiudono in solitaria, il primo lunedì sera di settembre, questa lunga edizione del Todays Festival. È senza alcun dubbio il momento più rilevante e di maggior richiamo della ricca programmazione della rassegna torinese, ma anche un’importante seconda possibilità per chi non ha avuto modo di vederli a Mantova lo scorso luglio e attendeva un ritorno della band di Bristol da ormai almeno cinque anni.

Definire “concerto” quello che fanno i Massive Attack in questo tour forse è un po’ riduttivo. È una sineddoche: una parte per descrivere il tutto. La musica suonata dal vivo è solo una componente biologica di un ecosistema ricco e complesso che si manifesta nell’arco di un’ora e quaranta minuti circa, ma necessita probabilmente di giorni, se non settimane o addirittura mesi, per essere colto nella sua interezza. Il concept stesso è imponente e si articola in così tanti contenuti, tutti intrecciati tra loro, che un prezioso consiglio da elargire a chi in futuro avrà l’intenzione (e il buon gusto) di prendere parte a questo rito collettivo esce spontaneo: andateci a mente sgombra. Per quanto possibile, arrivare sotto il palco dei Massive Attack senza preconcetti, idee, aspettative o spoiler è la cosa migliore che possiate fare. Ci penseranno poi Robert "3D" Del Naja e Grant "Daddy G" Marshall a riempire i vuoti.

Il cerchio si apre con “In My Mind” di Gigi D’Agostino - che secondo voci di corridoio si aggira per l’area concerti - e si potrebbe pensare a un omaggio alla città ospitante, che è casa per il dj e produttore discografico, e invece no. La scelta è molto ponderata e ha accompagnato lo show per tutto il tour. Si rivela oltretutto estremamente efficace per introdurre uno dei punti cardine del racconto: la mente, il suo potere e i rischi del suo controllo. Sui ledwall scorrono le immagini ormai celebri dell’esperimento di Neuralink di Elon Musk su un macaco di nove anni che controlla i comandi di un videogioco con la mente. Inizia così un elettrizzante viaggio a cavallo tra due mondi che si mescolano pericolosamente: quello del reale e quello che raccoglie i suoi tanti opposti. In questo intreccio troviamo teorie cospirazioniste, derive tecnologiche, fascismo, individualismo, sospetto, manipolazione, oppressione, ma soprattutto le guerre in corso a Gaza e in Ucraina. Sono tutti temi portanti della serata che amplificano il messaggio multilaterale veicolato dalla musica dei Massive Attack.

Le tante voci dei Massive Attack

L’irresistibile “Risingson” è la pianta rampicante con la quale la formazione inglese si addentra nella scaletta e si insinua nel sistema limbico delle migliaia di persone accorse al Todays. La serata è costellata di ospiti illustri che negli anni hanno arricchito la carriera dei Nostri e il primo in ordine di comparsa è Horace Andy, con una splendida “Girl I Love You” che è solo l’antipasto del suo vero momento da protagonista, in arrivo con “Angel” a scaletta inoltrata. Arriva poi quella che forse è l’artista più attesa sul palco, ovvero Elizabeth Fraser, che fu la voce angelica dei Cocteau Twins prima di avviare una serie di collaborazioni iconiche tra le quali spicca proprio “Mezzanine”, il terzo disco dei Massive Attack, nonché uno dei frammenti più rilevanti della musica degli Anni Novanta. Elizabeth si presenta con la soffice “Black Milk”, ma tornerà senza sorpresa per le irrinunciabili “Teardrop” - esperienza extrasensoriale tra le più memorabili - e “Group Four”.

In mezzo alle apparizioni di Elizabeth troviamo anche gli Young Fathers, autori di un segmento di rara potenza, composto dal trittico “Gone”, “Minipoppa” e “Voodoo in My Blood”. Quanti altri progetti musicali vi vengono in mente, tra quelli in grado di portarsi in tour un’altra intera band (tra le più interessanti del panorama alternative hip-hop mondiale, per di più) , non come opening act ma come featuring? Tre brani, uno dietro l’altro, ogni sera del tour. È questo il grado di dedizione dei tre scozzesi, che in appena quindici minuti riescono a lasciare un’impronta indelebile sullo show. Non dimentichiamoci poi di Deborah Miller, che ha il compito aureo di riportarci al 1991, data di pubblicazione di “Blue Lines”. Dall’esordio dei Massive Attack interpreta “Safe From Harm” e ”Unfinished Sympathy”, contrapponendo la sua potenza alla soavità di Elizabeth Fraser.

Oltre lo spazio e il tempo

Anche quando sul palco non ci sono altri cantanti a supporto, come in “Take It There”, “Inertia Creeps” o “Karmacoma”, passando per la cover di “ROckwrok” degli Ultravox capace di far scatenare tutti, i Massive Attack non mollano la presa sul proprio pubblico. Il tiro è clamoroso e le due batterie fanno tutta la differenza del caso. Il cerchio si chiude ed è di nuovo “In My Mind” a diffondersi per il Parco della Confluenza. Anche se sfuma il sogno di vedere Gigi D’Ag salire sul palco, quando il ledwall mostra le ultime immagini c’è un senso di compiutezza e appagamento che lascia quasi ammutoliti. Manca giusta la sensazione di sentire qualcosa di inedito, ma non qualcosa di nuovo. E viene naturale chiedersi: ma come fanno Del Naja e Marshall a essere sempre così attuali? Il loro ruolo nella storia del trip-hop non basta a rispondere a questa domanda. Nel loro mondo l’elettrico e l’elettronico si uniscono nel vortice lussureggiante di un amplesso musicale che non ha termini di paragone.

Il sound e l’inventiva dei Massive Attack sono sicuramente supportati dai visual permeanti, dai messaggi potenti e dalla qualità del mixing - praticamente impeccabile dall’inizio alla fine - ma si ergono su una discografia che pur essendo formalmente ferma al 2010, non resta cristallizzata in un decennio musicalmente troppo lontano per essere attuale e troppo vicino per godere dei revival. Anzi, il fulcro della serata resta comunque “Mezzanine” che, ancora una volta, si rivela uno di quei rarissimi album in grado di rispecchiare con lampante precisione il suo tempo e il contesto della sua creazione, riuscendo a essere perpetuamente contemporaneo. La Bristol degli anni Novanta è solo uno scenario, mentre la musica dei Massive Attack resta fuori dallo spazio e fuori dal tempo.

Schede:
Tags:
La fotografia dell'articolo è pubblicata non integralmente. Link all'immagine originale

© 2025 Riproduzione riservata. Rockol.com S.r.l.
Policy uso immagini

Rockol

  • Utilizza solo immagini e fotografie rese disponibili a fini promozionali (“for press use”) da case discografiche, agenti di artisti e uffici stampa.
  • Usa le immagini per finalità di critica ed esercizio del diritto di cronaca, in modalità degradata conforme alle prescrizioni della legge sul diritto d'autore, utilizzate ad esclusivo corredo dei propri contenuti informativi.
  • Accetta solo fotografie non esclusive, destinate a utilizzo su testate e, in generale, quelle libere da diritti.
  • Pubblica immagini fotografiche dal vivo concesse in utilizzo da fotografi dei quali viene riportato il copyright.
  • È disponibile a corrispondere all'avente diritto un equo compenso in caso di pubblicazione di fotografie il cui autore sia, all'atto della pubblicazione, ignoto.

Segnalazioni

Vogliate segnalarci immediatamente la eventuali presenza di immagini non rientranti nelle fattispecie di cui sopra, per una nostra rapida valutazione e, ove confermato l’improprio utilizzo, per una immediata rimozione.